INTERVISTA A GIOVANNI ZORZONI DI AIIP
- On 29 Settembre 2020
Abbiamo avuto il piacere di fare qualche domanda a Giovanni Zorzoni, vicepresidente di AIIP, l’Associazione Italiana Internet Provider, per parlare della situazione Modem Libero ma anche per avere un’analisi puntuale e interessante non solo su quanto successo finora, ma anche su quanto potrebbe succedere a breve. Buona lettura!
La prima domanda potrà sembrare banale ma credo sia il fulcro di tutto: qual è il senso del Modem Libero? Perché questa “battaglia” negli ultimi tre anni?
Siamo stati tutti obbligati a parlare di “modem libero” perché alcuni grandi operatori, di concerto, hanno inventato il “modem obbligato”: fin dall’introduzione della ADSL il cliente ha sempre potuto scegliersi l’apparato terminale, pratica prima d’uso comune che è diventato obbligo dal 2015 con l’introduzione di uno specifico regolamento europeo.
Analogamente ai “mesi” trasformati in 28 giorni, “il modem obbligato” è uno dei tanti artifizi del marketing per estrarre più denaro dai clienti finali (magari mantenendo prezzi civetta relativamente bassi all’inizio e poi, in pochi mesi, dopo un susseguirsi di modifiche unilaterali, maggiorarli moltissimo): gli operatori di AIIP, molti dei quali oggi impiegano oltre 100 dipendenti e sono addirittura quotati in borsa, sono tutti nati come utenti insoddisfatti con l’ambizione di creare aziende a misura di cliente finale, e mai in passato hanno aderito a queste pratiche distorsive: da noi il modem è sempre stato e sempre sarà libero.
Possiamo tranquillamente affermare che i primi a non aver accolto a braccia aperte le “finalità” del Modem Libero siano stati i grandi operatori. Anche adesso che ci sono regole ancor più precise su quello che dovrebbe essere il loro comportamento nei confronti sia di vecchi che di nuovi clienti, qualcuno finge di non sentirci e continua a osteggiare, in modi e forme diverse, quanto stabilito da AGCOM. Per quale motivo, secondo lei?
Perché sono stati proprio i grandi operatori, per motivi economici, ad inventare il “modem obbligato” e ad ostacolare il “modem libero” in tutti i modi.
Dal 2007, con l’approvazione della cosiddetta “legge Bersani”, che stabiliva il divieto di applicare penali nel caso di disdetta di un contratto, tutti i grandi operatori hanno inventato decine di metodi per bypassarla, andando contro il suo spirito originario. Le pratiche contro il “modem libero” ne sono un plastico esempio, visto che non c’è nessun motivo per non permettere ai clienti di sceglierselo se non, come è all’atto pratico, per vincolarli per anni alla vendita a rate di un modem non libero. Evitare la legge Bersani significa vincolare i clienti anche una tecnologia, magari sopravanzata nel tempo dagli investimenti di altri operatori concorrenti (anche di AIIP, che consta di aziende che posano migliaia di km di fibra ottica ogni anno), rendendo impossibile o troppo dispendioso aderire ad offerte qualitativamente migliori.
Così mi rendo conto che sembri passare il messaggio che tutti gli operatori sono “brutti e cattivi”. In realtà ci sono molti operatori, anche vostri associati, che si battono per i diritti degli utenti. Secondo lei perché c’è questa dualità di posizioni?
Buona parte del mercato delle telecomunicazioni si merita di essere visto male, perché ha al centro solo l’estrazione massima economica dei clienti, e non la loro soddisfazione. Pensi che molte grandi aziende del nostro settore hanno in outsourcing non solo i call center, ma anche le operations di rete alta (ovvero una delle parti più importanti e critiche), di fatto assumendo più sembianze di società di marketing rispetto a quelle di telecomunicazioni.
Quasi tutti gli operatori AIIP sono ingegneri e tecnici di telecomunicazioni, partiti come pionieri negli anni ’90 (e quindi come clienti) che volevano finalmente costruire un’azienda a misura dei clienti stessi, sia privati che aziende, portando Internet (o oggi, come si dice semplicemente, “la fibra ottica”) dove prima i servizi erano carenti. Oggi gli operatori membri di AIIP si distinguono per la correttezza rispetto ai clienti, per il basso uso delle rimodulazioni unilaterali, per il rifiuto di tecniche a livello applicativo di shaping (quindi per la piena neutralità delle reti) e per la internalizzazione dei processi a valore, condizioni essenziali per erogare servizi di vera qualità.
Voi, come AIIP, siete stati in prima linea in molte delle battaglie combattute negli ultimi anni per arrivare alla vera libertà di scelta dell’utente finale. Quali saranno i vostri prossimi passi per far sì che le direttive europee vengano applicate in maniera corretta anche in Italia?
In Italia ora il tema centrale è tutto attorno alla cosiddetta “Rete Unica” (ma si dovrebbe dire “Rete Prevalente”, visto che le reti fisiche nel nostro paese sono oltre 60, come spiegato tempo fa dal Prof. Cardani, ex presidente di AGCOM), argomento che però è una cortina fumogena per il vero tema, ovvero spostare il baricentro pubblico degli investimenti da OpenFiber a TIM.
AIIP si batterà perché le reti con finanziamento pubblico (in primis quella di Infratel denominata “BUL”, poi quella della eventuale “Rete Prevalente”) siano accessibili a tutti i livelli ISO/OSI in modo non discriminatorio e senza sconti a volume per tutti gli operatori, siano essi già sul mercato o futuri nuovi imprenditori che vorranno investirvi, con il fine di permettere sempre, anche sulle reti pubbliche oltre alla proprie reti proprietarie, di dare una giusta alternativa al mainstream, offrendo sempre servizi pro-clienti.
Un’ultima domanda: che legame c’è, se c’è, tra il Modem Libero e i voucher per la Banda Ultra Larga?
Usare i voucher per finanziare hardware che possono vendere o noleggiare solo gli operatori in luogo alla libera acquisizione sul mercato rappresenta una specie di backdoor sotto l’egida pubblica del modem non libero: è una stortura che AIIP, come membro fondatore della Free Modem Alliance, ha subito segnalato, sottolineandolo in modo molto evidente nelle consultazioni Infratel sui voucher.