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SULLA LIBERTÀ DI SCELTA E LA DIGITALIZZAZIONE DEL NOSTRO PAESE

  • On 20 Novembre 2017

La digitalizzazione dell’Italia ha mosso i primi passi un ventennio fa sulla spinta dei grandi cambiamenti tecnologici che stavano investendo la scena internazionale.

Dalla metà degli anni novanta l’economia mondiale stava attraversando una fase di radicale trasformazione tecnologica. A guidare questa “rivoluzione” c’era il mercato delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, i cui mutamenti tecnologici e la successiva apertura dei mercati determinarono un aumento delle pressioni concorrenziali nei confronti dei gestori monopolisti.

In Italia, la liberalizzazione nel campo della telefonia fissa ha avuto formalmente inizio il 1°gennaio 1998, ma il percorso regolamentare che ha portato all’apertura del mercato si colloca all’inizio degli anni ’90. Il risultato del processo di liberalizzazioni delle Telco ha reso il nostro Paese uno dei sistemi più competitivi dell’Unione Europea con un costante avvicinamento alle performance dei Paesi europei più avanzati.

Nel 2003, con l’approvazione del Codice delle Comunicazioni Elettroniche, si è conclusa la prima fase del processo di liberalizzazione, e se ne è aperta un’altra: l’era degli smartphone. Uno tzunami che ha spazzato via le vecchie regole del gioco, introducendo nuovi player e nuove abitudini di consumo. Ancora una volta una rivoluzione resa possibile dalla libertà di scelta del terminale e del gestore. Il risultato più evidente è stata una grande accelerazione dell’innovazione tecnologica e un più agile accesso ad internet.

Secondo il rapporto 2017 sul settore delle Comunicazioni pubblicato dall’AGCOM per il settore delle Telecomunicazioni – che rappresenta un mercato da quasi 32 miliardi di euro – il peso di Internet si fa ogni anno più evidente. Una buona notizia, certo, ma non buonissima: nonostante la ripresa del settore, l’Italia continua, infatti, a restare il fanalino di coda dell’Europa per quanto riguarda l’utilizzo della Rete. Sempre secondo quanto riportato dal rapporto 2017 dell’AGCOM, gli abbonamenti ad un servizio internet a banda ultra larga hanno raggiunto il 12% degli abbonati totali (contro il 5% del 2015), mentre la media EU è del 37%, fatto che lascia l’Italia al 25° posto della graduatoria di utilizzo. Penultimo posto, invece, nella classifica di utilizzo generale del web, il quale cresce di 3 punti nel 2016, arrivando a riguardare il 60% della popolazione, ma che presenta anche forti disparità per quanto riguarda il coinvolgimento delle diverse fasce d’età.

Si tratta di un dato che deve far riflettere perché la digitalizzazione del Paese passa per una maggiore diffusione di internet e – chiaramente –  per un’effettiva fruizione delle tecnologie digitali. L’accento, dunque, non andrebbe posto solo sulla possibilità di utilizzare le tecnologie digitali ma anche sulla possibilità di accedervi.

Occorre allora mettere in campo tutte le azioni necessarie per assicurare l’accesso a un’Internet aperta, garantendo il diritto degli utenti all’impiego delle apparecchiature di connettività che preferiscono.

La liberalizzazione del modem è già regolamentata dalla normativa europea e gradualmente – sarebbe giusto dire “lentamente” –  sta iniziando ad essere recepita anche dalla normativa nazionale, ma continua ad essere per lo più sconosciuta dagli utenti finali.

E allora occorre parlarne, scriverne e sensibilizzare i consumatori su ciò che è in loro potere: rivendicare un diritto universalmente riconosciuto, quello di scelta.

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